La cassata siciliana avrebbe una radice millenaria ricollegata al culto religioso del sole, dove la forma rotonda del dolce simboleggiava elemento di fertilità, rinascita e resurrezione.
Una preparazione antenata della cassata sembrerebbe essere quella raffigurata su un’elegante vassoio dipinto in una parete della villa romana di Oplontis (Torre Annunziata).
Il nome avrebbe provenienza incerta. Per alcuni deriverebbe dal latino “caseus” (formaggio), per altri dall’arabo “qas’at” (scodella grande e profonda). In ogni caso, questo dolce è nato dall’incontro delle due culture: la ricotta ingrediente del mondo pastorale romano, la pasta di mandorle e i canditi elementi della società araba.
Durante il Medioevo l’arte di fare la cassata trovò le sue eccelse interpreti nelle suore di Valverde che in cambio di offerte l’impastavano per i nobili palermitani ghiotti di consumarla nel giorno di Pasqua.
Un curioso aneddoto rimanda a documenti del Sinodo diocesano di Mazara del Vallo, che nel 1575 proibivano la preparazione della cassata nei monasteri durante la settimana pasquale, per non distrarre le monache benedettine dalle pratiche religiose.